La solitudine costruttiva
Nella lingua inglese esistono parole diverse per esprimere due aspetti: solitude, lo stare soli in modo positivo e loneliness, il sentirsi soli. Quando la solitudine è subita e vuota, allora può essere distruttiva. Ma se è abitata in modo vivo, non è più mancanza e rinuncia ma pienezza e libertà.
Vi riporto di seguito un interessante articolo, un momento di riflessione, su una delle esperienze e delle emozioni più controverse della nostra vita: LA SOLITUDINE, osservata non solo come esperienza dolorosa della nostra vita, ma anche come momento di riflessione, confronto, scoperta e incontro fertile con Sè. Un spazio da alimentare in cui potersi Ascoltare.
La solitudine ha molti volti. Può essere una delle esperienze più dolorose dell'esistenza. Sentirsi soli, incompresi, tagliati fuori, allontanati dagli altri. Avere addosso quella sensazione di mancanza di qualcosa, qualcuno, un luogo, uno scopo, un'attesa. Un sentimento che tendiamo a rifuggire mettendoci sopra qualcosa, distraendoci, a volte correndo verso chiunque o rimanendo ostaggio di relazioni insoddisfacenti, pur di sentirsi "connesso". Un vissuto che non ha niente a che fare con il numero di persone che circolano nella nostra vita, che si sperimenta a volte in compagnia, in famiglia, nelle relazioni intime. Eppure questo termine, che così facilmente evoca i morsi dell'abbandono e del rifiuto, ha anche un altro volto che porta a significati più ampi, legati ad una condizione costruttiva in cui siamo perfettamente pieni di noi, godiamo della nostra compagnia, ci bastiamo. Non mancanza e rinuncia ma pienezza e libertà. Quando la solitudine è subita e vuota, allora può essere distruttiva. Ma se è abitata in modo vivo, ci sono contenuti, ricordi, momenti, scambi con il nostro passato, è una condizione dalla quale possiamo attingere positivamente. Nella lingua inglese non a caso esistono parole diverse per esprimere i due aspetti: solitude, lo stare soli in modo positivo e loneliness, il sentirsi soli. Siamo decisamente esseri sociali che si strutturano, necessitano e desiderano collegarsi agli altri. Abbiamo bisogno di appartenere ma anche di appartenerci, farsi compagnia, trovarsi. E per riuscirci abbiamo bisogno di staccare con il mondo esterno e di connetterci con noi stessi, cosa sempre più difficile nel troppo pieno della nostra esistenza. Solitudine e vicinanza con le altre persone, del resto, non sono opposte. Spesso siamo ambivalenti verso lo stare da soli. Una sera non vediamo l'ora di chiuderci in casa, di addentare un panino davanti ad uno schermo con la sensazione di non poter desiderare compagnia migliore. Quella successiva facciamo le stesse identiche cose avvertendo però vuoto, oppressione, bisogno di qualcuno. In effetti la solitudine è difficile da gestire, in bilico tra la paura di farsi invadere da ciò che ci circonda e allo stesso tempo di estraniarsene. La vediamo in modo distorto, c'è anche questo. Sembra strano affrontare o concedersi qualcosa da soli, soprattutto se stiamo in coppia o in famiglia. La sensazione di essere insieme a se stessi, bastarsi, darsi conforto, avere cura di sé, fare qualcosa persi nei propri pensieri vaganti, liberi da vincoli e interferenze, può sembrare delirio, incapacità o disagio relazionale. Invece è quel tempo dedicato a noi che ci rende più consapevoli e più forti per interagire con gli altri. Anche in coppia si ha bisogno di momenti di distacco e separazione come respiri emotivi per rafforzare il legame. Stare da soli del resto non significa essere soli. Per questo dovremmo impegnarci di più con la nostra solitudine. Che non vuol dire ritirarsi a vita di clausura e neppure rimanere tutti i venerdì sera serrati in casa ma dedicarci tempo per affrontare riflessioni personali, permettere ai pensieri di prendere forma e condurci dove vogliono, essere creativi, intuitivi. Dialogare interiormente, cosa che può venire spontanea mentre camminiamo, beviamo il caffè o stiamo guidando. Oppure in momenti in cui organizziamo qualcosa per noi stessi. Sono esercizi da provare per conoscere questa dimensione, scrollandosi di dosso tutto quello che ci sta sopra e intorno. È un po' come spogliarsi di sovrastrutture, può essere ricerca ma anche solo riflessione, fantasia o contemplazione. Le soluzioni creative, la comprensione delle cose e l'emergere di risposte originali richiedono solitudine. Lo stare da soli ci ricorda chi siamo e quanto sia importante trovare qualcosa che vada oltre le solite cose, che possa ampliare noi stessi uscendo dalle strettoie mentali. Attingere da sé, avere le risorse e la capacità di utilizzare in modo costruttivo questa dimensione, è uno straordinario punto di forza. Non è un muro al coinvolgimento o un atteggiamento patetico scegliere di dormire da soli alcune notti, ad esempio, o sottrarsi a proposte di comitive trascinanti. Come salire su un treno e muoversi da soli, proprio in questo periodo di partenze. In coppia, in famiglia siamo murati fuori da certi incontri significativi che, guarda caso, accadono proprio in solitaria. Nella nostra cultura popolare, l'immagine di una donna che cammina, parte, viaggia da sola è un cliché; se va in giro sola vuol dire che le manca qualcosa, guarda caso un uomo. Vedrai, lo sta cercando. Difficile pensare che possa essere la scelta di tempo per sé, un impegno per farsi domande, concedersi un ascolto più intimo, vivere integralmente le proprie convinzioni e le proprie emozioni. Oppure una solitudine silenziosa, senza finalità apparenti. Situazioni che nella nostra vita iperconnessa e rumorosa quasi mai riusciamo a vivere.