Hai agito tu in conformità al desiderio che ti abita?
In quest'ultimo periodo rifletto spesso sul desiderio: una riflessione personale, ma che nasce anche da quesiti che i pazienti si pongono nelle terapie individuali. Rifletto sul senso profondo del desiderio e su quanto ci si possa confondere pensare che, agire seguendo i propri desideri, comporti esclusivamente piacere, felicità, soddisfacimento (che per lo più immaginiamo come immediato e senza frustrazioni). Una deviazione che spesso disorienta, soprattutto in una società come quella attuale, governata sempre di più dal principio di piacere. Allora ritorniamo alle origini e in questo l'etimologia è sempre di grande aiuto:
"L'origine della parola desiderio è una delle più belle e affascinanti che si possa incontrare attraverso lo studio della meravigliosa disciplina che è l'etimologia.
Questo termine deriva dal latino e risulta composto dalla preposizione de- che in latino ha sempre un'accezione negativa e dal termine sidus che significa, letteralmente, stella.
Desiderare significa, quindi, letteralmente, "mancanza di stelle", nel senso di "avvertire la mancanza delle stelle", di quei buoni presagi, dei buoni auspici e quindi per estensione questo verbo ha assunto anche l'accezione corrente, intesa come percezione di una mancanza e, di conseguenza, come sentimento di ricerca appassionata." (https://www.etimoitaliano.it/2015/01/desiderio.html)
Mancanza delle stelle...e mica così semplice arrivare alle stelle? Anzi è una cosa, in verità, non raggiungibile mai del tutto ma, nonostante questo, permette di orientare la nostra strada.
Il punto fermo che orienta il nostro cammino. Ecco il desiderio, la vocazione, ciò che sentiamo dare un senso alla nostra vita, sono proprio così: un sentimento di ricerca appassionata per una sensazione di mancanza che, però, non si colmerà mai del tutto ma che, proprio per questo, permette di guidare la nostra strada ed essere in una ricerca incessante, una spinta continua. Questa indagine, dunque, non si esaurisce come un piacere (cioè che si esaurisce una volta raggiunto), ma ci fa sentire sempre vivi, attivi: per questo che il desiderio, la passione, vocazione, viene chiamato Daimon nella psicoterapia Junghiana. Infatti, proprio come un "demone" a volte ci perseguita: molti scrittori, pittori, artisti ( a differenza di ciò che immaginiamo) sentono la loro arte come una necessità ma, anche, come qualcosa di difficoltoso, che richiede per loro un impegno non senza sforzi. Ed è anche questo che distingue il desiderio, la vocazione, la passione dal mero piacere: il desiderio richiede impegno, sforzo, sacrificio. Ognuno di noi ha una sua personalità, una sua vocazione, una sua immagine che lo contraddistingue in modo radicale e che, di conseguenza, va ricercata e alimentata senza posa, per rendere davvero autentica la nostra esistenza. Per poterla scoprire è necessario imparare ad ascoltarsi profondamente: poiché non basta solamente pensare all'idea della strada che vorremo intraprendere. Significherebbe seguire un desiderio solo perché pensiamo che sia quello giusto e, dunque, lo sentiremo come un dovere che ci schiaccia in quel caso. Sentire la strada da voler intraprendere ha, anch'esso, a che fare con il dovere: ma con il dovere che sentiamo verso noi stessi, come se non seguire quella strada, anche se non facile e spesso poco chiara, sia un tradimento al proprio vero Sé. Allora è necessario imparare ad ascoltarsi ed avere il coraggio di agire in conformità del proprio desiderio affinché possiamo cogliere il senso compiuto della nostra presenza nel mondo: poiché il desiderio, la passione vera, è inferno, impegno, difficoltà ma anche e, soprattutto, paradiso, sensazione di pienezza, strada di Senso. Per chi volesse approfondire: https://www.youtube.com/watch?v=y6YZqhhx4ZQ&t=1635s